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Spirito
mazziniano 150 anni del Sole 24ore A
150 anni dalla fondazione de “Il Sole 24 ore”, il direttore Mario Napolitano
ha ricordato con un editoriale lo spirito mazziniano che ha caratterizzato la
testata sotto i suoi predecessori. Direttori combattivi che mai rinunciarono
a prendere posizione e a dire come stavano le cose ad un Paese che non aveva
particolare voglia di ascoltare. Tanto ardore merita la massima
partecipazione, soprattutto se i rapporti italo tedeschi sembrano tornati a
lontani momenti della storia passata. Secondo Napolitano questi rapporti sono
divenuti tali, per cui, “loro ( i tedeschi) non si fidano di noi e noi, (gli
italiani) non ci fidiamo di loro”. La visita del presidente della Bundesbank
in Italia, la sua frequenza nel nostro Paese e le minacce non proprio velate
alla guida attuale della Bce, ha aggravato questo quadro. Se mai un tedesco dovesse
succedere a Draghi, scrive Napolitano, questo non potrà essere Weidmann,
consigliere di Angela Merkel prima, e leader del dissenso, poi, contro
l’attuale gestione di Francoforte. La polemica sul tetto degli acquisti dei
titoli da parte delle banche è un mero pretesto. Il problema è, che “tutti
sono molto attenti a riconoscere e sottolineare i difetti degli altri per
tutelare i propri interessi. Tutti vanno a vedere la trave degli altri, ma
sarebbe giusto che qualcuno dicesse loro di guardare le travi che hanno in
casa non sempre e solo quelle fuori, quelle appunto degli altri”. Se il
“tutti” comprende tedeschi, olandesi, finlandesi, “perfino le pulci hanno la
tosse”, scrive Napolitano, bisognerà pure mettere nel mucchio anche gli
italiani. Magari anche gli italiani avranno dei difetti, invece la colpa è
sempre dei tedeschi. Persino Brunetta fra Merkel e Renzi, sceglie a
malincuore Renzi. Sia chiaro, anche noi ricordiamo la polemica del vecchio
cancelliere Helmut Schmidt, con l’allora presidente della Bundesbank
Tietmayer, quando si chiedeva una pubblica spiegazione del motivo per cui il
debito totale di uno Stato partecipante non doveva essere superiore al 60%
del suo prodotto interno lordo. E Schmidt aveva sicuramente ragione nel
sostenere che fissare il deficit annuale di uno Stato membro al 3%, non
avesse un qualche criterio sufficientemente razionale su cui fondarsi. Il
problema è che, sbagliate che fossero, queste regole le abbiamo sottoscritte
e quindi non è poi così incredibile, che ci si ingiunga di rispettarle. I
tedeschi, dal dieselgate della Volkswagen, al surplus commerciale che viola
sistematicamente i parametri concordati, non fanno una bella figura, vero,
solo che i torti loro con quelli dell’Italia, non si compensano, piuttosto
ampliano le difficoltà del sistema di cui facciamo parte. Anche Napolitano si
è accorto di questo clima di “morte dell’Europa” che stando così le cose
siamo arrivati a respirare. Accusandoci gli uni con gli altri come
continuiamo a fare, di sicuro, si soffoca anche lo spirito mazziniano. Roma, 3
maggio 2016 |
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